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Vedi quei crepuscoli di raucedine
crepe di labbra pietà di memorie
intermittenti istanti come iperboli
ombre riflesse sui pontili scalzi

vedi danno corpo alle parole
mai pronunciate e per gli occhi
odore di buio tessono
mentre tu indossi coraggio di rondini
quasi sortilegio da sfatare
m.a.

hybris

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Questo gusto amaro di perdersi
in erranti vicoli
e deserti in fuga

questa lava incandescente
che brucia ipocrite ironie
polifonica e cangiante
scorre interminabile
su silenzio di pietra
e sa di spine
sui crinali ispidi
sempre in fieri
trasuda sensi
di rami bruciati

Toccare abissi a dismisura
rende umani
m.a.

dalla mia silloge “Riflessi di rugiada “cose sparse di me
ed.Albatros, 2011
m.a.

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[…] Nella parola muore ciò che dà vita alla parola; la parola
è la vita di questa morte.Jabès

un cumulo di sabbia si veste di solitudine
rappresa sbaraglia il centro che soccombe
il corpo ai margini dentro ogni bellezza
schiude paesi in cieli ormai remoti
non c’è poesia sull’orlo tra la notte e il giorno
solo graffi le mie fedi sulla roccia
m.a.

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solo un momento
ascolta
dal cielo arrivano boati
nel frastuono
solo rissa di parole
rumori di miserie
noi braccati
ma tu ascolta
tra furia di foglie
nei varchi della dimenticanza
anche se nella notte
tuona l’uragano
anche se il fondo
prende fuoco crepitando

m.a.

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ha in sè impertinenza
di fischio
nota che vibra in sciame
tra veglia e sonno
ma il passo muto
naufraga nel vuoto
in dileguata foce

***
nel fragore di turbine in volo
non c’è inizio e fine
sopra la sabbia il sole
incensi sulle gote
ma l’abisso ha sapore di terra
il cielo è morto
solo resta
lasciarsi attraversare
in un lungo assolo

m.a.

«Per esistere è sufficiente lasciarsi andare a essere,
ma per vivere,
bisogna essere qualcuno,
bisogna pure avere un OSSO,
non aver paura di mostrare l’osso,
e rischiare di perdere la carne”.

A.Artaud
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non resta a guerra finita
che un dardo smemorato
su pelle riarsa
labile erranza di sabbia
nel bosco di segni
crepe ribelli
non piegate dai venti
senza posa
non c’è risposta e forgiarsi
di nuovo destino nello spazio
così lieve al più piccolo tocco
disperde sopra una riva
come onda fugace le parole
non resta a guerra finita
che tendere imboscate
alle notti
sfiorarne gli abissi
più neri colori imperfetti
di una guerra lontana
e dilatare la carne esplosiva
che ci appartiene.
m.a.

“Il silenzio è nella parola come una parola da leggere.”Jabès

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le parole sfondano buchi nel deserto
e non c’è nulla che possa tenerci
roche annunciano respiri
di altre solitudini
gabbie incendiate da confuso patire
tu cerca il ritorno nella nebbia
alto un urlo sul fiume trascende
lingue di stranite macerie
temo sia tardi
alita su di noi sfiducia desolata
progenie alta di silenzio
terra di confine e radici
su tracce di ombre lunghe
nel volo della notte

m.a.

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si compie il cerchio ma nella discesa
tutto arde
lassù solo il perpetuo incandescente
inizio e fine
via che sfida l’altezza
nel suo precipitare
*
la luce in una fessura
graffia
come fugace attimo
di felicità
tra sensi e cielo
alita su di noi lo spazio
vuoto
pulsione inavvertita
fra corpo e cosmo
demone acuminato
di verità
m.a.

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Per nervature riflesse
tu guidami e nascondimi nel bosco
chi agisce così non lascia tracce
e quel poco di coraggio che mi resta
fortifica di luce chi si oppone

qui solo roccia nel ventre disseccato
a lanciare destrieri sulla sabbia
screziata di barlumi

qui su scoglio indifferente a briglia sciolta
di temporale
fardelli inusitati dietro ombre
stampano artigli tra fessure
m.a.

al mio pensarti

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urlo rovente al mio pensarti
seme tra il bene e il male
come vociare aritmico
cadere inesploso
dispotismo vorace al tuo pensarti
con lunghe mani di briglie soppesate
seme tra inferno e paradiso
come il farneticare nero del vulcano

m.a.

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