si traduca in pace

Senza memoria l’affondo di ginestre

al delirio del vento si rapprende

come l’amore si fonde alla rinuncia

e ne porta intimamente il suo dolore

Si traduca in pace la scia di sangue

la parola persa il cielo in agonia

la sofferenza umana inascoltata

 

Nella vita ordinaria continuamente

rinascono per morire morte e salvezza

in te come in ognuno di noi

 

©Allo Maria

Giornata Mondiale della Terra 2024

” È, dunque, la fede nella poesia, con la quale l’autrice intreccia nel corso della silloge un colloquio costante e sensibile, il senso ultimo della silloge La terra che rimane. E come bisogna leggere questo titolo, se non tornando all’ossimoro a cui si faceva cenno prima? Se il tempo dell’individuo è breve, quello della terra che risorge e rimane per le generazioni future, è senza fine; oppure l’unica terra che ci rimane, quella in cui rifugiarsi, prendere respiro, è quell’altra (la sognata, la spodestata, la promessa) che solo la poesia sa esplorare”.

https://www.ibs.it/terra-che-rimane-libro-maria-allo/e/9788885791152

https://shop.librerialenuvole.it/scheda-libro/maria-allo/la-terra-che-rimane-9788885791152-2135014.html

Si smorzano le onde in riva al mare.
Non c’è vento e ognuno parla a suo modo
con tono diverso ai lati della strada.
In questi tempi è una caduta d’Icaro la vita
nuvola alla deriva . Eppure – chissà –
là dove il coraggio si consuma lento
l’alto mare sfiora l’orizzonte
come inafferrabile il profumo
di mandorle sale dalla terra.
Non c’è vento ma con volti mutati
le voci dei dimenticati
dei muti, degli assenti,
di chi non c’è più e torna a noi
nell’eco nell’altrui respiro
come un lento processo evolutivo
la memoria fluttua brizzolata di luce
cresce in questa generazione in viaggio,
trova rifugio nel labirinto
come traccia trasparente o alluvione di suono
sempre più profondo.
Ai margini un bisbiglio luminoso in lontananza
e il sole sulle mani.
*

Senza più contorni invisibile
l’ombra di profilo si fonde col fuoco
plasma la distanza dei millenni
ma non c’è abbastanza luce
se cade fra gli alberi l’attesa
come gramigna nei bagliori
del crepuscolo morente.
Non c’è abbastanza luce ai lati della strada
e sempre tanta pioggia o gelo
in certi pomeriggi quando il cielo basso
strazia il peso delle nubi
mentre improvvisa la metafora cresce
nel fragore verticale in volo.
Scoppia e disarma a luce spenta
i dimenticati e i disperati
l’isola disabitata della memoria
così resta sotto le dita la pazienza di chi
non cerca e non aspetta niente
oltre la luce radente dell’esistere.

© Maria Allo

Da “La terra che rimane”, Controluna Edizioni, 2018

non lascerò

manca una parola mentre il silenzio

romba e non ha voce

Dal silenzio alla voce un esilio muto

attraversa solitudini abissali

e apnee nel sangue della resa

ma ciò che muta ha contemplato

giorni luminosi nella carne

dietro il moto circolare che disegna

a tratti le movenze

intorno al suo abbandono

Non lascerò disperdere

tra l’abisso e il nulla

il fiorire dei mandorli

che ci appartiene

su corpi inceneriti

@Maria Allo

mutazioni

Saremo attraversati dal Lete

Non avremo più i nostri nomi ma forse

avremo memoria della sacralità dei corpi

di ciò che abbiamo tanto amato

di voci sguardi odori di boschi e suoni

che non potremo più pronunciare

Avremo memoria del fiato delle stagioni

che si dispiegano come fiori

dell’angelo  terrestre alla tua porta

del seme che sopravvive

alla gravità della terra

al dolore vivo  alla ferita aperta

al sangue dell’ultima primavera

@Maria Allo

dissonanze

Dissonanze di colpo si levano come suoni su pagine indifferenti. Ora prendono forma da una fessura come nelle traiettorie del tempo una voce alienata precipita dal labbro, in vortice cadendo fino alla prima voce del mattino fino alla voce universale. Poi il silenzio si addensa su di noi, ma appeso agli alberi si scioglie in una forma musicale senza fine. Mi accompagna per sempre nel profondo come la nostalgia del mare nei suoni di un temporale fra le cime alte dei pini e si traduce in un abbraccio che dà fiato. Ci vuole la corteccia viola della notte per liberare fioriture di risvegli. Come onde balzano ai raggi del mattino, mentre glicini sfatti inondano auto in sosta ai bordi del viale. Sai? Nelle notti di aprile fioriscono i nemici delle foglie e gli acini violetti spandono profumi in un amplesso tenero e spietato purché tu viva senza morire.

@Maria Allo

come un riparo

Questo sole nebbioso fluttuando lento

invade dall’alto la luce e il canto

Solo il ricordo di un’alba pura

infonde il coraggio per dimenticare

questo tempo deserto dove tutto muore

E per quanto sulle nostre bocche

bruci ciò che è muto in quell’attimo

prende forma  la nota perfetta

che può essere riparo come una fede

@Maria Allo

  

Chi eravamo

Quando si schiude in aprile la magnolia

affiorano memorie a un passo dalla luce

immagini e voci indistinte di chi ora

fa eco con le cose mentre il vento

sussurra chi eravamo

fioriscono di colpo suoni e visioni

persistenti e invisibili quando le voci

si incrociano per confluire nei corpi

lievemente emersi dalle nebbie

dell’esistere e di ciò che siamo stati

@Maria Allo

il mare di marzo

Il mare di marzo stamane risuona

di luce perduta in fondo a una ferita

I nostri corpi incendiano deserti

per penuria d’amore con la frenesia

furiosa che non placa la memoria

Abbiamo imparato a soffrire

per ogni forma di peccato

per tutti gli abissi dell’inferno

per il corpo mutilato della terra

e dei demoni che germogliano

da rime stremate con petali

di carne in un mucchio di macerie

No non è la parola del poeta che risuona

@Maria Allo

“Non esistono amori felici”: una poesia di Louis Aragon

Niente per l’uomo è mai definitivo
Non la sua forza
non la debolezza
né il suo cuore
E quando crede di aprire le braccia la sua ombra è una croce
e quando vuole stringere la sua felicità la sbriciola
uno strano doloroso divorzio è la sua vita

Non esistono amori felici

La sua vita è come quei soldati disarmati
per altro scopo un tempo equipaggiati
a cosa può servire il loro alzarsi di buon ora
per ritrovarsi a sera disoccupati incerti
dite queste parole “La mia vita”
E trattenete il pianto

Non esistono amori felici

Mio bell’amore amore caro mio strazio
ti porto in me come un uccello ferito
e quelli senza saperlo ci guardano passare
ripetendo dietro di me le parole che ho intrecciato
e che per i tuoi grandi occhi subito morirono

Non esistono amori felici

E’ troppo tardi ormai per imparare a vivere
piangano insieme nella notte i nostri cuori
quanta infelicità per la più piccola canzone
quanti rimorsi per scontare un fremito
quanti singhiozzi per un’aria di chitarra

Luigi Aragon, il cui vero nome era Louis Andrieux, nacque il 3 ottobre 1897 a Neuilly-sur-Seine.

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