” È, dunque, la fede nella poesia, con la quale l’autrice intreccia nel corso della silloge un colloquio costante e sensibile, il senso ultimo della silloge La terra che rimane. E come bisogna leggere questo titolo, se non tornando all’ossimoro a cui si faceva cenno prima? Se il tempo dell’individuo è breve, quello della terra che risorge e rimane per le generazioni future, è senza fine; oppure l’unica terra che ci rimane, quella in cui rifugiarsi, prendere respiro, è quell’altra (la sognata, la spodestata, la promessa) che solo la poesia sa esplorare”.
Si smorzano le onde in riva al mare. Non c’è vento e ognuno parla a suo modo con tono diverso ai lati della strada. In questi tempi è una caduta d’Icaro la vita nuvola alla deriva . Eppure – chissà – là dove il coraggio si consuma lento l’alto mare sfiora l’orizzonte come inafferrabile il profumo di mandorle sale dalla terra. Non c’è vento ma con volti mutati le voci dei dimenticati dei muti, degli assenti, di chi non c’è più e torna a noi nell’eco nell’altrui respiro come un lento processo evolutivo la memoria fluttua brizzolata di luce cresce in questa generazione in viaggio, trova rifugio nel labirinto come traccia trasparente o alluvione di suono sempre più profondo. Ai margini un bisbiglio luminoso in lontananza e il sole sulle mani. *
Senza più contorni invisibile l’ombra di profilo si fonde col fuoco plasma la distanza dei millenni ma non c’è abbastanza luce se cade fra gli alberi l’attesa come gramigna nei bagliori del crepuscolo morente. Non c’è abbastanza luce ai lati della strada e sempre tanta pioggia o gelo in certi pomeriggi quando il cielo basso strazia il peso delle nubi mentre improvvisa la metafora cresce nel fragore verticale in volo. Scoppia e disarma a luce spenta i dimenticati e i disperati l’isola disabitata della memoria così resta sotto le dita la pazienza di chi non cerca e non aspetta niente oltre la luce radente dell’esistere.
Dissonanze di colpo si levano come suoni su pagine indifferenti. Ora prendono forma da una fessura come nelle traiettorie del tempo una voce alienata precipita dal labbro, in vortice cadendo fino alla prima voce del mattino fino alla voce universale. Poi il silenzio si addensa su di noi, ma appeso agli alberi si scioglie in una forma musicale senza fine. Mi accompagna per sempre nel profondo come la nostalgia del mare nei suoni di un temporale fra le cime alte dei pini e si traduce in un abbraccio che dà fiato. Ci vuole la corteccia viola della notte per liberare fioriture di risvegli. Come onde balzano ai raggi del mattino, mentre glicini sfatti inondano auto in sosta ai bordi del viale. Sai? Nelle notti di aprile fioriscono i nemici delle foglie e gli acini violetti spandono profumi in un amplesso tenero e spietato purché tu viva senza morire.
Niente per l’uomo è mai definitivo Non la sua forza non la debolezza né il suo cuore E quando crede di aprire le braccia la sua ombra è una croce e quando vuole stringere la sua felicità la sbriciola uno strano doloroso divorzio è la sua vita
Non esistono amori felici
La sua vita è come quei soldati disarmati per altro scopo un tempo equipaggiati a cosa può servire il loro alzarsi di buon ora per ritrovarsi a sera disoccupati incerti dite queste parole “La mia vita” E trattenete il pianto
Non esistono amori felici
Mio bell’amore amore caro mio strazio ti porto in me come un uccello ferito e quelli senza saperlo ci guardano passare ripetendo dietro di me le parole che ho intrecciato e che per i tuoi grandi occhi subito morirono
Non esistono amori felici
E’ troppo tardi ormai per imparare a vivere piangano insieme nella notte i nostri cuori quanta infelicità per la più piccola canzone quanti rimorsi per scontare un fremito quanti singhiozzi per un’aria di chitarra
Luigi Aragon, il cui vero nome era Louis Andrieux, nacque il 3 ottobre 1897 a Neuilly-sur-Seine.
Ringrazio di cuore Francesco Scaramozzino per la sua lettura inattesa di “Sul margine”, una lettura approfondita, colta e densa di spunti interessanti, corredata di una scelta di riferimenti opportuni ai testi, che spazia tra le varie sezioni del libro. Il mio grazie a Maria Pina Ciancio, per aver pubblicato qui la nota.