
Non si muore che soli come puntute foglie
quando basterebbe lo sguardo colmo
di un melo in fiore e il coraggio di un cigno
dalle ali distese in pieno volo.
© Maria Allo
Quando verrai, o dio dei ritorni, mi coprirò di rugiada e forse morirò per ogni possibile resurrezione
Non si muore che soli come puntute foglie
quando basterebbe lo sguardo colmo
di un melo in fiore e il coraggio di un cigno
dalle ali distese in pieno volo.
© Maria Allo
Stamane sale marino si annoda
alle tempie come un riparo
ma solo spruzzi nelle mie mani
increspate e poi il boato…
[…devi fidarti il sole ancora brilla
come un sacramento tra le foglie]
Nel flusso si percepisce il mondo.
Sulla pelle il marchio di un dolore
ci lega giorno dopo giorno
come indaco buio volteggia.
Lembi di passato scrutano
fino a farmi male,
orizzontalmente si macerano veglie
come calice di un veleno
che non promette scampo.
Acini di alfabeti dispersi si flettono
dentro le venature delle mie gote
sempre più sottili…
Ma le tempie del mare balenano
mia madre in dissolvenza,
i tratti del suo viso
l’ancora della sua fermezza
su margine in frantumi di silenzi.
Ecco. Assaporo il pane caldo
delle mie mestizie.
Intanto mi fiorisce dentro
Aprile.
© Maria Allo
al di là della polvere dovremo bastarci
sollevare il velo di nebbia che ci segnerà la fronte
lasciare orme tenere ai figli come radici vitali di linfa .
ma la notte ci tiene in pugno come l’autunno
in una foglia
e incisioni di nebbia [che ci divide ]
echeggiano sul nostro andare riarso e muto
non c’è primavera che tenga questo fiato in volo
[sale di terra bianca su luoghi alienati da vuoti]
antica e nuda di promesse ma folta di demoni .
gli istanti gli istanti nevrosi di respiri sillabati
incapaci di accogliere l’unica nota nel frastuono
e le sue intonazioni
m.a.
Spaiata voce dal grembo affiori
sguainando luce
ma non c’è alba a riparo
solo ferite scomposte
su echi di distanza a dissipare
suoni e respiri
[spazi bianchi corrosi
a margine di inganni]
di tanto in tanto a frugare tra segni
affiorano grappoli di luce in mezzo
alla radura
allora vivere è dono che regge.
m.a.
Quando il vento investirà la tue rive
sarà solo notte in mezzo ai prati
e a vegliare i versi dimenticati
più rapida si leverà la scia di colori
chè la vita geme
ma ovunque libera di schiudere la sillaba nuda
che mai andrà perduta
chè la Vita per quanto cerchi di dividerci
è sorgente di questo nostro esistere
sia pure nel vento che ci scuote
o nel moto terso che rinasce
m.a.
Al dio dei ritorni
Quando tornerai
con la tua lira
a tessere arabeschi
muterai le carni
di tutti i destini
non informe intreccio
di sviliti mondi
non rullo di tamburi
ma ciò che sgorga
dal silenzio
specchio
di ogni verità
quando verrai
o dio dei ritorni
mi coprirò di rugiada
e forse morirò
per ogni possibile resurrezione
m.a.
L’autunno macchiato di lacrime
rigira nelle carni tutto il dolore
misura del vuoto di te
impetuoso nel suo dibattersi
come in un intreccio
sui vicoli
di un maledetto inferno
*
le parole che conosco non ricominciano
colori screziati nudi di nebbia
scavano abissi impastati di notte
solo riflessi di lampi
tempestano voci
ma la parola irredenta langue
nel precipizio di un fango invasato
le parole che conosco parole perdute
a strapiombo
farfugliano fioche
precipiti non emergono
irrisolte
esplorano vertigini evocano ombre
dietro fantasmi sfiorati
nel brulichìo sotterraneo che non rivela
le parole dannate
trasgrediscono la luce che a tratti
mi rode
*
Il vento s’infuria e turbina
di notte
labbra rapprese dissipa
al risveglio
ancor prima dell’alba
molteplice l’eco ritorna
come ombra di foglia riversa
come formula che svelle
gridi di nebbia
nel mulinare s’infrange
al di sopra degli alberi
contro il cielo si staglia
nel suo inaridirsi
contro le assi curve
oltre il tempo
un dolore ci sgretola la luce
ovunque sulla terra
*
un cumulo di sabbia si veste di solitudine
rappresa sbaraglia il centro che soccombe
il corpo ai margini dentro ogni bellezza
schiude paesi in cieli ormai remoti
non c’è poesia sull’orlo tra la notte e il giorno
solo graffi le mie fedi sulla roccia
momenti e uno solo il tempo
noi pietre e alberi
con l’inganno alle calcagna
che ci ansima sul petto
in un respiro solo
come fosse il mare
così sospesi sull’orlo della notte
sgusciamo in volo
dopo ogni necessaria caduta
prendiamo forma nuova
tra le ossa e l’essenza della terra
come di morte che accende la vita
ma tu non scordare mai
il sangue versato e gli occhi delle madri
asciutti di dolore
si chiederanno perennemente
per chi restare
*
al termine del viaggio
come trasparenti gocce
saremo custodi del vagare
in gesti cadenzati sulla sponda
di questo inabissarci
che appartiene a tutti e a nessuno
e sul ciglio del supremo traguardo
riconosceremo nel silenzio
le orme e i suoni
dell’angelo che ci cammina accanto
maria allo
Ph F.Woodman
Su di me c’è ancora quel vento
risorge dietro foglie disperse
cieco nel quieto spegnersi
dei passi incerti.
Su di me c’è ancora quel vento
all’altezza degli occhi dischiude
su orme di mattino
le ciglia
ma è vento che respira radici
di ruderi su vene sospese
come alba tra gli ulivi
quel vento ancora bisbiglia
come lava
a sfiorare profili d’altri lidi
in ombra
m.a.