La scrittura indipendente delle donne (I parte)

Appena uscite dalla lotta per ottenere uno spazio nella società letteraria italiana, le donne si dimostrano meno dipendenti da scuole e tendenze artistiche, orgogliose e risolute a difenderla. Tuttavia essere indipendenti, estranee a tendenze e circoli culturali può comportare il rischio d’isolamento. È quanto accade alla prima edizione del romanzo di Fausta Cialente, Cortile a Cleopatra (1936), che solo più tardi, nel 1953, anche grazie a una prefazione di Emilio Cecchi, s’impone all’attenzione di critica e di pubblico.  A questo proposito, faccio riferimento a un  articolo di Anna Maria Curci

su Silva Poetarum per approfondire. Cliccare  qui : https://poetarumsilva.com/2013/09/13/sicut-beneficum-lethe-5-fausta-cialente/. Al contrario il romanzo di Alba de Céspedes, Nessuno torna indietro (1938), pur osteggiato dal regime fascista, ottiene un enorme successo internazionale, a dimostrazione del fatto che- nonostante la cappa repressiva delle dittature- su certe conquiste sociali, per dirla con l’autrice, “non si torna indietro”. La letteratura femminile si fa interessante soprattutto negli anni dello strapotere neorealista, quando Alba de Céspedes , Gianna Manzini, Anna Banti, Elsa Morante, Anna Maria Ortese e Natalia Ginzburg tentano vie alternative, inerpicandosi per i sentieri del fantastico, della memoria famigliare, delle psicologie contorte e oscure, del surrealismo grottesco, della quotidianità borghese. Così la raffinata e coltissima Anna Banti sperimenta un nuovo tipo di romanzo storico, dando voce alla pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, che fu artista di grande talento e subì l’umiliazione di un processo per essere stata stuprata. Durante la guerra, sotto i bombardamenti, Anna Banti perde il manoscritto da lei dedicato alla storia della scrittrice seicentesca Artemisia Gentileschi. Con coraggio e pazienza inizia a riscriverlo. Di questa difficile genesi la seconda redazione del romanzo porta tracce evidenti, come in questo passaggio che presenta un dialogo serrato fra l’autrice, restia a riprendere la narrazione, e il personaggio, che insiste sulla necessità che la propria vicenda sia sottratta all’oblio. “È la bambina che tira per la manica e chiede il racconto preferito; è l’accusata che non si stanca di sollecitare l’unico testimone favorevole”. Artemisia si rivolge petulante e capricciosa alla scrittrice presentando le due principali ragioni del fare letteratura: il valore memoriale di scrivere per ricordare; quello conoscitivo di testimoniare per giudicare e scoprire la verità. La letteratura dunque non si limita a rimettere in vita il passato o reificare l’immaginario, ma lo interpreta e lo rende significativo. Nella prefazione Al lettore che apre il romanzo, la Banti fornisce alcune precisazioni sulla storicità della protagonista: “credo che al lettore si debba qualche dato dei casi di Artemisia Gentileschi, pittrice valentissima fra le poche che la storia ricordi. Nata nel 1598, a Roma, di famiglia pisana. Figlia di Orazio, pittore eccellente. Oltraggiata, appena giovinetta, nell’onore e nell’amore. Vittima svillaneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s’azzardò, verso il 1638, nella eretica Inghilterra. […] Le biografie non indicano l’anno della sua morte”. Gianna Manzini riesce a collegare la componente visionaria con quella descrittivo- realistica, mentre Anna Maria Ortese ci fornisce, nella raccolta Il mare non bagna Napoli, una sua personale interpretazione del Neorealismo, anticipando alcuni aspetti visionari che caratterizzeranno le sue prove successive. Straordinaria è poi la dimensione simbolica e magica ricreata da Elsa Morante nell’Isola di Arturo, in cui la metafora dell’isolamento si allarga a includere la stessa letteratura, non svincolata dalla realtà ma dotata di un proprio statuto autonomo. Al contrario, profondamente radicato nel contesto storico fra le due guerre è l’universo domestico della Ginzburg, che rovescia la tradizionale satira antiborghese esaltando i valori “umili” di questa nuova classe sociale: il buon senso e la discrezione. Anna Banti immagina la narrazione come un dialogo con il personaggio; al contrario Artemisia impone il suo monologo, soffocando le ragioni della scrittrice. Le due donne ingaggiano dunque una lotta che costituirà il vero romanzo (non una fuga nel passato) della Seconda guerra mondiale.

© Maria Allo

 

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