Maria Allo, poesie da “Al dio dei ritorni” e un inedito

Grazie Anna Maria per la tua attenzione in questa nota di lettura e per la proposta dei testi .Ringrazio di cuore  la Redazione di Poetarum Silva per l’ospitalità.

Poetarum Silva

Etna dal mare - Foto di Maria Allo Etna dal mare – Foto di Maria Allo

Maria Allo, poesie da Al dio dei ritorni e un inedito

«Nel giorno del perdono / oso invocarti / sulla sponda del torrente in secca / tra le rovine di una terra che trama / a ridurci rovi».  Una trattazione del tema dei nostoi, allegoria dell’esistenza come perenne viaggio, originale e, allo stesso tempo, non ignara del “grande carico” (per dirla con il titolo di una lirica di Ingeborg Bachmann) della poesia che ci precede: tutto questo si fa incontro a chi legge Al dio dei ritorni di Maria Allo. Segue, chi legge, il moto di chi sempre parte – “Si parte” è uno degli incipit programmatici che ricorrono e si avvicendano nella raccolta -, il gesto di chi tende le mani a una riva anelata e insidiosa, all’approdo che può farsi orrido scoglio, al promontorio che…

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per ritrovarsi

2b459507160531ef1b351936bd521376.jpgDONNA

Di qui la luce percuote glicini a stormo
dietro assolate foglie
e molteplici suoni dissonanti
modellati dal mare.
Di qui esplodono gerani in verticale.
Non lascia scampo alle tempeste
la  ruvidezza di tanti sguardi
che affiora a tratti sul coraggio .
Così si ridisegnano distanze
omissioni calcolate
fino al margine della coscienza
dove sconfina la terra forse più vera
oltre quel vento .
Credimi  non è resa
ma un passo necessario
per ritrovarsi interi.
Da ogni ferita, a un certo punto
della nostra vita, da ogni crepa
si percorre ferocemente la vita
ma non si muore.

© Maria Allo

invocazione

..quando verrai,
o dio dei ritorni
mi coprirò di rugiada
e forse morirò
per ogni possibile resurrezione.

© Maria Allo

erwin-olaf

Io ti invoco .
Ti invoco e ti chiamo, anima.
Una lieve ombra ti lascia affiorare
sulla carne prima del mattino ,
dentro una foglia che non ha più voce.
Ecco: cielo e terra esistono.
Loro voce è la stessa evidenza.
Così esisti nei rovi affilati dal libeccio
in moto contrario
a vele tese nell’ora incerta
che precorre il giorno,
quando a detergere gli inferni
un sole ostile posa su nembi di cenere.
Tu esisti nei dossi
del deserto ostinato che ci coglie,
nei frantumi di filari dentro la radura
quando la morte intera reclina
a immaginarci  ancora vivi.
Tu esisti quando affondano
le navi tra le onde riflesse in ogni gradazione
screziate di barlumi come
artigli tra fessure.
Accade di ritrovarti nuda
ai piedi della terra come impronta
nello scorrere dei tuoi umori,
e se io piango come al capezzale di mia madre
è perchè nulla vi ho potuto trovare
dove tu non fossi.
Se ti invoco è perchè niente di ciò
che vede il giorno svanirà per sempre
e finchè tu esisti
si può ancora approdare
alla profonda spiaggia dove il rumore tace.

© Maria Allo

doppio tempo

immagine di Veronique Gerard

artlimited_img345125_m.jpgDOPPIO TEMPO

Ecco lo stesso legame nella memoria
mentre ancora le braccia sono schiuse
in alchimia di frantumi
come una vertigine di grumi
su uno spartito infrangibile di spazio
e le tempie corrono dietro brezze di vagiti,
docili alla fede prima del richiamo.
***
Alberi foglie vento in un abbraccio
straripano dai giorni
stampato a sangue sul tuo petto
e tendono le labbra al ritmo del mondo.
Inascoltato il buio nella notte
inarca il cielo al rischio di gesti estremi
su zolle di vie senza nome.
Avanzare è anche soffrire
se a decifrare desideri
non resta che la fuga nelle turbolenze
del domani.
***
Tutto ancora qui avanza
nel vortice di flussi convergenti
ricomposti al cadere senza rumore
quasi testardaggine di bellezza vera.
Tu vuoi questo cardine sconnesso
taglio di carne impresso
nelle carni?
Quanta fatica a ricomporre
il macero segreto
anche se il punto fermo insidia il dono
e oggi amare è la crepa
sui muri che screpola la terra.
***
Siamo acqua e terra in rivoli tra ciottoli,
flussi di luce e ombra nel disordine
inafferrabile.
Nel moto siamo respiri di memoria e silenzio,
ma non c’è compimento,
impronta di pienezza o perfezione
in ostaggio al mare lontananza in cielo
lingue di fuoco svenate all’orizzonte.
Intanto serpi invadono tombini
così sciupiamo la vita e questa terra,
[e noi cosa saremo…]
Eppure la luce c’è in cima ai colli
e il cielo chiaro ancora si ferma tra rugiada e foglie.
Siamo alberi anche noi,
flussi di di linfa e venature
che il tempo attraversa come all’inizio,
radici e semi in attesa dei frutti,
volute di colori tra le ciglia.

© Maria Allo

prima di respirare

6cfead9c8ec66177053a8758e750601a.jpgDONNA
Je suis l’ombre qui cause.
Je suis celle qui s’est volontariement eloturée pour tenter
d’exister.
Carole Martinez

Sfuriata di sangue sfilza parole tra le rocce.
Non c’è rimedio.
Occhi tra foglie al vento ,
bianchi come sole sfiorente e suoni
stanchi di danzare sono altro
dietro ragnatele di giorni rotti ai muri.
Non c’è rimedio.
Entri nel mio petto con l’urgenza di un gabbiano
libero di perdersi tra cardini di azzurri
brancolanti e levarsi oltre le tue sfere
smorza intralci paranoici del dire.

C’è ancora rimedio?
Gomitoli di palpebre innervano
la storia.

***

Prima di respirare si vive
nel fragore terso di una gemma .
Si prende forma contro il vento
dove cresce la distanza
e noi una sola polvere
nell’oscurità di dune
in dimenticanza.
Alla fine si fissa il mare
cercando il nitore nell’oscurità.
Non c’è una risposta .
Non c’è risposta alle cose spaventose
brulicanti di anime sperdute
come piume di uccelli che vagano
tra uno stupro e l’altro sulla terra .

***

Quel posarsi piano su labbra di perdono
spegne nel pugnale  di giorni dissidenti
certezze irrimediabilmente perse
dietro il respiro che si chiude
e rumoreggia.
C’è verità di sguardi
su orli di dita implose,
diluvio di altre usure
rogo che divora mestizie
in cocci precipiti a schiera,
nudità su ruvide cortecce
parola incisa tra gli spazi
e un pugno arcigno di silenzio
ai piedi dell’indifferenza.

***

Tra la fine e il principio
quei suoni latenti di sempre
bagnano i semi di una divinazione
che investe la bellezza.
Sarà la terra
a sprigionare odori di gesti in divenire,
tra le ombre della notte
a stormire i voli inauditi
tra richiami frenati dall’oblio.
La ragione del sangue investirà veglie
di solchi ancestrali che forgiano
prima di respirare
verità inattese di altri canti ai giorni.

© Maria Allo

C’è chi

1332498097_14.jpggentry

(immagine di Nick Gentry)

Risuonano cocci di mattini infranti
e impreviste veglie.
C’è chi impara a morire
per un colore e un significato.
Abbiamo conti ancora aperti
e spietate parole da combattimento
C’è chi impara a morire
per consacrare sogni
alla quercia secolare.
Ma c’ è un paese disteso
in fondo al mare
dove il sangue in mille flutti
difende il pane a denti stretti
e  dall’alto un pugno
arcigno di silenzio
si schianta ai piedi
dell’indifferenza…
Accovacciato il mare si regge
come foglia che il vento
deliberatamente scansa
in silenzio.
C’è chi oppone la ragione
nel covo della volpe infreddolita
e traina giorni come i nostri.
A concludere la resa,
passi cadenzano ipocrisie
su viali di rasura
e nel turbine lento di ossa
bisbiglia ogni vena
prima del commiato.

Il tempo può pretendere
nutrimento nel suo crescere?

© Maria Allo

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