C’è una Realtà. Noi siamo quella Realtà.
Quando la comprendiamo, vediamo che siamo niente.
Ed essendo niente, siamo tutte le cose.
Ecco tutto. Giulia Niccolai
foto di josephine-sacabo
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nel giorno del perdono
oso invocarti
sulla sponda del torrente in secca
tra le rovine di una terra che trama
a ridurci rovi
nell’ombra di tenebre e oblio
in un turbinio di travi
alla ringhiera
nel giorno del perdono
oso invocarti
come anima nera
scolpita su una foglia
frastagliata
che lieve ondeggia sul selciato
indifferente
ma tu come aquila
sfolgori tra grumi di raggi
senza fragore divampi nei crepuscoli
quando il cielo si carica di nubi
una realtà in un’altra realtà
m.a.
una mano d’ombra accarezza la pietra
catturata dall’aria nel suo farsi
lambita da silenzi e acque in cieli lontani
tanta tempesta ci devasta
tanti precipizi nel nostro esserci
come scorrere del sangue
che matura lo svanire di gelo
fino a risalite di silenzi ricomposti
immenso il giorno nasce
guizzi di luci e vento screziati di pianto
siamo noi il poco e il niente
un pulsare di sangue
a sfrondare la distanza
a tingere di bianco il centro
ormai lontano lontano dal destino
che intrepido avanza
inutile ora strappare foglie agli alberi
silenziano l’ombra che ci divora
distanti da noi
ci perdiamo nell’inquietudine
di chissà quali abissi
a trattenerci un albero nudo
m.a.
imperfetto ma rigoroso sboccia
quasi affondo di mani origine distesa
tronco che trasfigura crepe di afasie
Angers evoca altri mondi
voci che si ripetono da tempo
dannate nei taccuini d’ombra
verità che esistono dove finisce il vento
legame che trasmuta il nostro andare
annusa gorgogli come un trasgredire
di foglie per intensità di luce
sosta su guizzi in dettagli
che il silenzio scompone e ricompone
dove perdersi è simile al riconoscersi
m.a.
ha in sè impertinenza
di fischio
nota che vibra in sciame
tra veglia e sonno
ma il passo muto
naufraga nel vuoto
in dileguata foce
***
nel fragore di turbine in volo
non c’è inizio e fine
sopra la sabbia il sole
incensi sulle gote
ma l’abisso ha sapore di terra
il cielo è morto
solo resta
lasciarsi attraversare
in un lungo assolo
m.a.
«Per esistere è sufficiente lasciarsi andare a essere,
ma per vivere,
bisogna essere qualcuno,
bisogna pure avere un OSSO,
non aver paura di mostrare l’osso,
e rischiare di perdere la carne”.
non resta a guerra finita
che un dardo smemorato
su pelle riarsa
labile erranza di sabbia
nel bosco di segni
crepe ribelli
non piegate dai venti
senza posa
non c’è risposta e forgiarsi
di nuovo destino nello spazio
così lieve al più piccolo tocco
disperde sopra una riva
come onda fugace le parole
non resta a guerra finita
che tendere imboscate
alle notti
sfiorarne gli abissi
più neri colori imperfetti
di una guerra lontana
e dilatare la carne esplosiva
che ci appartiene.
m.a.
“Il silenzio è nella parola come una parola da leggere.”Jabès
le parole sfondano buchi nel deserto
e non c’è nulla che possa tenerci
roche annunciano respiri
di altre solitudini
gabbie incendiate da confuso patire
tu cerca il ritorno nella nebbia
alto un urlo sul fiume trascende
lingue di stranite macerie
temo sia tardi
alita su di noi sfiducia desolata
progenie alta di silenzio
terra di confine e radici
su tracce di ombre lunghe
nel volo della notte
m.a.